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Non è moda, è rispetto: il Manifesto del Catch & Release
Catch & Release moderno: come e perché rilasciare il pesce oggi
Perché oggi rilasciare non è moda. È rispetto.
Una volta si pescava per portare a casa. La foto col pesce infilzato nel portapesci, le mani sporche, il sangue nel secchio. Era normale. Nessuno ti diceva niente. Nessuno ti spiegava che quel gesto era sbagliato. Perché non lo era nel contesto storico, sociale e culturale in cui avveniva.
Oggi qualcosa è cambiato. Non tutto, ma qualcosa sì. Peschiamo ancora per passione, certo. Ma abbiamo capito che quella passione ha un impatto. E con quell’impatto arriva una responsabilità.
Il Catch & Release moderno non è una moda new age. Non è un “rilascialo così poi lo riprendi più grosso”. È una presa di coscienza. Un gesto che fa parte della tecnica di pesca in sé. Come tale deve essere studiato, rispettoso. Una scelta che dice: “So che ci sei, so che vali, e non sono io a decidere la tua fine.”
Non basta "rilasciare". Serve saperlo fare.
Il Catch & Release non è solo catturare e poi lasciare andare. È come lo fai che fa la differenza. Un combattimento prolungato, un guadino sbagliato, una foto interminabile… e il pesce che hai “rilasciato” in realtà muore due metri più avanti, mentre tu stai già postando lo scatto.
Oggi il C&R è tecnica pura. Guadino in gomma o rete morbida. Ami senza ardiglione o con micro-ardiglione. Mani bagnate, pesce tenuto in acqua, slamata rapida. Foto se proprio vuoi, ma pesce in verticale per non gravare sugli organi interni, respirazione attiva, rilascio quando riparte lui. Non quando decidi tu.
Le scuse non bastano più
"Pago la licenza, sono nelle regole." "Si è sempre fatto così, e i pesci c'erano." "Mio nonno pescava e non ha mai rilasciato nulla."
Frasi sentite, risentite, scolpite nei sassi dei fiumi.
E diciamocelo: per chi ha vissuto la pesca negli anni '50 e '60, queste frasi potevano anche avere un senso.
C'era più acqua nei fossi, nei canali, nei fontanili. Meno cementificazione, più habitat, più ossigeno, più equilibrio. I pesci si riproducevano in autonomia. L’ambiente li aiutava.
Ma oggi quell’equilibrio non c’è più. E tocca a noi, pescatori sportivi, scegliere da che parte stare.
Non è una guerra tra chi trattiene e chi rilascia. È una questione di futuro. Di pesca sostenibile, di educazione, di esempio per chi ci guarda e magari inizia.
Catch & Release: la checklist di chi lo fa davvero
Ecco una guida pratica, senza moralismi, ma con un obiettivo: aumentare le possibilità che il pesce che rilasci… sopravviva, cresca e viva ancora. Una vera tecnica da conoscere, integrare nella propria pesca sportiva e applicare con consapevolezza.
• Guadino gommato o in rete morbida
Evita quelli in nylon o retine rigide che sbucciano il pesce come una mela. Sul nostro shop trovi guadini da C&R adatti a ogni spot.
• Ami senza ardiglione (barbless)
Oppure schiaccialo. Il pesce non scappa se sai tenere la tensione della lenza.
Lo slami in 2 secondi. Lui vive, tu ti senti più bravo. Scopri la nostra selezione di ami barbless e microbarbless.
• Mani bagnate, sempre
Mai toccare un pesce con mani secche o guanti in tessuto: gli porti via la mucosa, e con lei le sue difese.
• Pesce in acqua il più possibile
Slamalo nell’acqua se riesci. Se proprio lo tiri fuori per la foto, fallo velocemente, orizzontale e senza "brandeggiarlo" in giro come la Champions.
• Niente branchie, niente branchie, niente branchie.
Mai infilare le dita lì. È come reggere una persona per i polmoni.
• Rilascio lento, controllato, testa a monte
Non lasciarlo "scivolare via". Tienilo in corrente, vedi se respira, aspetta che dia lui il colpo di coda.
• Se è troppo provato... lascia stare la foto
Meglio ricordarlo con la memoria che ammazzarlo per un reel.
Conclusione
Il Catch & Release non è un obbligo morale. Ma è un atto di coerenza.
Oggi non possiamo più fingere che "si sia sempre fatto così" sia una giustificazione valida. C'era più acqua nei fossi, nei canali, nei fontanili. Meno cementificazione, più habitat, più ossigeno, più equilibrio. I pesci si riproducevano in autonomia. L’ambiente li aiutava.
Oggi quell’equilibrio non c’è più. E tocca a noi, pescatori sportivi, scegliere da che parte stare.
Non è una guerra tra chi trattiene e chi rilascia. È una questione di futuro. Di pesca sportiva responsabile, di educazione, di esempio per chi ci guarda e magari inizia.
Non siamo perfetti. Ma possiamo essere migliori. Anche solo di una ferrata, di una foto in meno, di un rilascio fatto come si deve.
Perché ogni pesce rilasciato bene è un seme lasciato in acqua. E un seme, si sa, può diventare qualcosa che torna.
Magari un giorno lo riprenderai. O magari no. Ma saprai che l’hai lasciato libero di esserci ancora
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